Stabat Mater dolorósa
Un dolore che ti scava dentro
Brucia le viscere con cui l’hai generato
Tu ferma e il mondo in un vortice
iuxta crucem lacrimósa,
La sua croce, un letto d’ospedale
Come un aratro sul campo infecondo
Le tue lacrime asciutte scavano il viso
dum pendébat Fílius.
Sciogli l’abbraccio come un sogno svanito
Giaci con lui nella cassa di legno
Mentre con occhi socchiusi ti guarda
Cuius ánimam geméntem,
Come quel giorno le doglie
Ti fecero gridare d’amore
Così oggi nel silenzio ti ripari
contristátam et doléntem
Neppure l’inverno più duro
L’insulto più profondo alla tua carne
Diranno al mondo la tua mestizia
pertransívit gládius.
Un cuore giace freddo e immobile
Dall’altro battendo impazzito
Zampilla sangue che segna la terra
Vidit suum dulcem natum
Quel mattino fu primavera quando
Sorridendo lo prendesti in braccio
Quel fiore inerme avresti accudito
moriéndo desolátum,
Ora, come un bocciolo abbandonato
Giace indifeso sulla nuda terra
Per svanire lentamente nel vento
dum emísit spíritum.
L’anima nell’ultimo respiro
Poi quel niente fragoroso, preludio
Di quell’assenza che già è ricordo
Eia, mater, fons amóris,
Eri sua madre ma il tuo destino
Ti rende generatrice di tutti
Noi che solo amore potrà sfamare
me sentíre vim dolóris
Aiutami a patire il tuo dolore
Cingimi con forza perché del male
Complice possa essere io con te
fac, ut tecum lúgeam.
Tu non piangi lacrime ma sangue
Che il tuo pianto allora possa sgorgare
Dal mio viso e segnarlo in eterno
…Iuxta crucem tecum stare,
Et me tibi sociáre
in planctu desídero…
…Quando corpus moriétur,
fac, ut ánimae donétur
paradísi glória.
Amen.